Il gatto e la libertà è un tema apparentemente semplice e quasi scontato.

Tanti di voi penseranno al carattere, per fisiologia, indomito dei mici, alla loro totale autonomia da noi bipedi e ai falsi miti su come la convivenza con un gatto sia più solitaria rispetto a quella con un cane.

Nel nuovo articolo del Biagio-blog, però, non si parlerà di etologia spinta, né di studi sulla psiche del gatto.
Quello che mi ha sempre stuzzicato molto, invece, è l’idea che noi ci facciamo dell’approccio del gatto alla libertà.

L’Enciclopedia Tre-gatti definisce la “libertà” come lo stato di chi è libero. Definizione circolare.

La domanda è (e non solo per il mondo felino): ma libero da cosa? Da costrizioni, vincoli, luoghi comuni o presupposte verità.

Bene, trasferiamoci nel mondo dei quattro-zampe.

Come vive un gatto la sua libertà?
Attenti, cari Cassiopeiers, a non fare l’errore di interpretare quella che dovrebbe essere, secondo il senso comune, la libertà di un gatto.

Dire “un gatto deve vivere libero e secondo natura” non è poi così diverso dal dire che “un uomo di strada deve dormire sotto i ponti perché così può vivere lontano dai vincoli sociali che lo opprimono”.
La verità è che spesso uno si trova a vivere certe situazioni, che, potendo, non sceglierebbe mai.

Questa riflessione, lo ammetto, ho iniziato a farla anni fa nei primi approcci al mondo animalista, che vi assicuro, in certi casi, sa essere rigoroso al limite della intransigenza.

Ma che un adottante “non addetto ai lavori” si basi su clichè – spesso motivati da una poca conoscenza degli animali, posso capirlo.
Al contrario, che alcuni degli “addetti ai lavori”, che tutti i giorni nutrono (e magari curano) le bestiole di strada, ma in nome della libertà non li sterilizzano (anche perché “i cuccioli sono così carini”), o addirittura biasimano chi crea zone recintate per proteggerli, questo no, non lo accetto.
E da allora mi sono convinta che il vero flagello dei gatti siano proprio le gattare (alcune, eh! non tutte).

Mettiamola così: se voi aveste vissuto buona parte della vostra vita per strada, cercando cibo, facendo a botte, partorendo gattini che poi non si sa che fine fanno e dormendo all’addiaccio, ma siamo proprio sicuri che, una volta trovata una famiglia con la “F” maiuscola, appollaiati sul divano e con il termosifone accanto, avreste proprio tutta questa voglia di uscire, magari nella stagione degli amori, per andare in un Mondo che, fino ad allora, vi ha riservato solo fregature?

Non è sempre così, è vero.
Come noi umani, anche i gatti hanno il loro carattere e questo va rispettato. Sono io la prima a riconoscere che esistono gatti che amano vivere all’aperto e non vogliono stare chiusi in casa. Ma questa non è la regola.

La libertà, cari Cassiopeiers, è un bel concetto con cui riempirsi la bocca, ma si paga cara.

I gatti non sterilizzati e/o lasciati a vivere all’aperto sono anche quelli che prima o poi si ammalano (leggete i nostri articoli su Fiv e Felv) o scompaiono.

E onestamente, i primi che parlano di libertà dei gatti (scagliandosi contro chi preferisce garantirgli una vita lunga e sana) sono spesso proprio quei padroni che piangono lacrime amare, quando il loro gatto scompare o si ammala.

Detto questo, ognuno è (guarda caso) LIBERO di fare ciò che vuole, specie se gatto.
Ma non partite mai da verità presupposte (che poi sono quelle che danno tanta noia, se riguardano la vostra vita).

Un gatto vuole essere libero sì, di vivere felice, a lungo, senza i morsi della fame e con tante carezze.

Proteggete i vostri gatti, se e come potete.
Se volete farlo uscire e vivere all’aperto, valutate se intorno a casa vostra ci sono dei pericoli reali (strade trafficate, cani aggressivi, vicini pericolosi).
Se non siete d’accordo con la sterilizzazione, valutate che, per i vostri mici, sarà molto più rischioso vivere così (anche le gatte muoiono di parto, ad esempio) e per voi, più costoso, poi, curarli.

Se poi, non condividete quanto scritto, vi consiglio di abbinare al concetto di LIBERTA’ quello di COERENZA: se il gatto deve vivere secondo natura, allora deve farlo al 100%.

Quindi smettete di curarlo se ha un raffreddore, e soprattutto fatelo cacciare per procurarsi il cibo.

La natura non fa crescere le scatolette di umido sopra gli alberi: un motivo ci sarà.